L'enigmatico
affresco di San Flaviano a Montefiascone
di
Claudia Cinquemani
Montefiascone
si
trova in provincia di Viterbo, sulla cima al colle più alto dei
Monti Volsini, che domina la sponda sudorientale del lago di Bolsena.
Di origini etrusche, nell’alto Medioevo entrò nei domini della
Chiesa della quale divenne centro importante. Per alcuni studiosi il
suo nome deriverebbe da “Mons Faliscorum”, Monte dei Falisci,
popolo stanziatosi sulla riva destra del fiume Tevere e che
comprendeva i Monti Cimini ed i Sabatini.
Santa
Margherita d'Antiochia è la patrona di Montefiascone alla quale è
dedicata la bella cattedrale che si trova nel centro del borgo.
Eppure il luogo che colpisce maggiormente l'interesse del visitatore
è la Basilica di San Flaviano che si trova ai margini del paese.
La
struttura architettonica della chiesa rivela la presenza di due
edifici sovrapposti che uniti alla probabile chiesa primitiva mai
portata alla luce, sono costruiti su
due piani realizzati in epoche diverse. La
chiesa
inferiore, edificata sulle rovine di un precedente tempio, è di
origine incerta, sicuramente ricostruita nel 1032, dopo le
distruzioni barbariche.
Quella
superiore, a tre navate, come quella inferiore, ha un ingresso
separato ed un particolare matroneo dal quale si può osservare il
livello inferiore. Qui,
affrescata sulla nicchia absidale del retro-altare si trova
un'immagine molto interessante ed insolita. Raffigura il santo
martire a cui è dedicata la chiesa, vestito di una corazza
medioevale, con chioma bionda e fluente dai tratti femminili ed a
cavallo di un destriero bianco con bardature rosso fuoco.
Per
comprendere meglio la storia di questo affresco è necessario offrire
un accenno all'agiografia di San Flaviano. Il nome Flaviano
deriverebbe dalla gens Flavia romana, da “flavius”- biondo di
capelli. Dal Martiriologio Romano conosciamo un Flaviano martire
Vescovo di Costantinopoli ma ci accorgiamo subito che non si tratta
del “nostro” di Montefiascone. Risparmio al lettore il lungo
elenco dei Flaviani santificati dalla Chiesa e troviamo quello che
ci riguarda, martirizzato nel 361 d.C. sotto Giuliano, che la
tradizione celebra il 22 dicembre, mai “esteso ufficialmente”
dalla Chiesa. Di lui sappiamo poche cose, che era un patrizio romano
e rivestì la carica di prefetto romano sotto Costantino II e
Costanzo II. Padre e marito esemplare, convertitosi al cristianesimo
fu marchiato e ridotto in schiavitù, quindi condotto a lavorare
“alle terme di Aquae Taurinae” dove morì. Le sue reliquie sono
custodite a Montefiascone: la testa nella Cattedrale e le membra
nella chiesa a lui dedicata. Inutile dire che non ci sono prove della
sua esistenza e neanche della veridicità delle reliquie a lui
attribuite per cui questo racconto non ha al momento basi storiche se
non l'inizio della sua venerazione in epoca tardo longobarda. La
storia della sua vita però ci fornisce informazioni molto
interessanti e modalità di santificazione che si ripropongono in
numerosissimi contesti. Egli, infatti viene “sacrificato” in
luogo pagano, ovvero le terme romane più conosciute della Tuscia; un
modo classico per sottolineare la vittoria del cristianesimo sulla
precedente stratificazione pagana.
Alle
pendici dei monti della Tolfa, in vicinanza dell'antico laghetto di
Aquae Tauri, sgorgava la sorgente che ancora oggi passa per le Terme
Taurine. Taluni studiosi hanno avanzato un ipotesi circa
l'identificazione dell'area termale come villa di Traiano, ebbene
questa ipotesi, peraltro affascinante, aveva a favore solo un passo
della lettera di Plinio, ma purtroppo mancano ulteriori dati per
poter avvalorarla, anche perché gli studi sulle Aquae Taurine hanno
accertato che si tratta effettivamente di un complesso termale. Le
Terme avevano precedenti sin dall'antichità più remota. Fin
dall'epoca preistorica, infatti, è noto che le sorgenti termali
erano ben conosciute ed apprezzate per le loro virtù terapeutiche.
Gli Etruschi cominciarono a valorizzarle costruendo le prime
rudimentali terme, ma solo in epoca romana furono affrontati e
risolti i vari problemi per rendere efficace al massimo grado l'uso
delle acque. Sul colle detto "La Ficoncella", ad un
chilometro circa in linea d'aria dalle Terme Taurine, esisteva un
piccolo centro denominato Aquae Tauri, tale centro doveva avere
origini molto antiche, da sempre devono essere state sfruttate le
acque termali, così come dimostrano i ruderi di altre terme ivi
esistenti. In età Sillana (tra il 90 ed il 70 a.C.) fu eretto un
nuovo edificio che prese il nome di Terme Taurine, data la vicinanza
con il predetto centro abitato, ed ebbe il massimo sviluppo in età
Traianea, subendo un ulteriore ampliamento verso la fine dell'impero
di Adriano. La zona termale fu notevolmente frequentata durante tutta
l'età imperiale, ma, con la decadenza dell'impero, tale zona
cominciò ad essere sempre meno affollata. Durante la guerra tra Goti
e Bizantini il complesso cessò di funzionare, tuttavia l'uso delle
prodigiose acque, che continuavano a sgorgare nell'edificio
abbandonato ed ormai in rovina, continuò ininterrotto per secoli.
Riferendoci
al titolo “taurino” delle terme, esso tradisce origini arcaiche
al culto alla Dea Madre.
Fin
dai sumeri si narra che Gilgamesh assieme ad Enkidu uccidono il Gran
Toro Celeste;
questo crimine viene compiuto come atto di sfida agli dei. Il toro
con le sue corna viene considerato come rappresentazione divina
lunare. Venerato dagli egizi sotto il nome di Apis lo ritroviamo in
Grecia con uno degli epiteti di Hera ,quello di Bo-Opis. Lo stesso
Zeus assume le sembianze di un toro per rapire Europa, principessa
fenicia. Anche
Dioniso è
fortemente legato alla forma taurina; un inno a lui dedicato lo
invita a giungere come toro infuriato. Vi è poi un mito arcaico che
lo riguarda in cui viene macellato come vitello ed empiamente
divorato dai Titani. Anche Ade è associato alla figura del Toro,
nella sua concezione arcaica di divinità ctonia legata alla
fertilità del sottosuolo.
Nell’anno
852 il pontefice Leone IV in una sua lettera, faceva menzione,per la
prima volta di San Flaviano. A quel tempo l'attuale chiesa a cui è
intitolato il santo era dedicata a Santa Maria e solo più tardi mutò
il titolo. Papa Urbano IV consacrò il nuovo altare nel 1262 ed alla
medesima epoca risale anche la bella facciata monumentale. Le
reliquie di San Flaviano furono deposte sotto l’altare, contenute
in un’urna di marmo. Nel 1657, con l’imperversare di una
pestilenza, si pensò di riesumare i resti del patrono per invocarne
l’intercessione. Si scoprì così che l’urna era stata interrata
in una profondissima fossa,per sfuggire probabilmente alla
profanazione degli invasori barbari che devastarono Montefiascone
nell’Alto Medioevo.
Tornando
all'affresco di San Flaviano, cerco di chiarire perché la scelta
iconografica mi sia parsa alquanto enigmatica. L'immagine più antica
che abbiamo del santo, lo vede provvisto di abiti medioevali con
mantello e berretto a differenza dell'affresco sul retro dell'altare
della chiesa a lui dedicata che lo ritrae con abiti rinascimentali ed
a cavallo “simile a un San Giorgio”. Ma andiamo oltre con un
particolare che consiglio al lettore di ricordare bene; nella
Cattedrale della cittadina sul lago di Bolsena, San Flaviano è
ritratto assieme a Santa Felicita e San Martino di Tours che sappiamo
essere patrono di Francia insieme a Santa Petronilla e Santa Giovanna
d'Arco. Anni fa mi trovavo in Francia per una vacanza di famiglia e
volli visitare la celebre fortezza di Chinon dove vennero
imprigionati l'ultimo Gran Maestro Templare Jacques de Molay e il suo
attendente Geoffrey de Charny. La stessa fortezza fu teatro del
“riconoscimento” da parte di Giovanna d'Arco del futuro Re di
Francia, Carlo VII. Tutti noi conosciamo le gesta e la tragica fine
della Pulzella d'Orleans ed a tal proposito consiglio l'interessante
lavoro di ricerca svolto da Sabina Marineo inl quale offre altre
ipotesi alquanto verosimili dando una lettura diversa della storia
per come la conosciamo. Mentre mi trovavo in visita alla fortezza,
era stata allestita una mostra sulla vita dell'eroina francese. In
uno dei pannelli esplicativi che componevano l'esposizione, era
riprodotto un dipinto che raffigurava Giovanna d'Arco a cavallo.
Immediatamente
mi balzò alla mente l'affresco di San Flaviano visitato pochi mesi
prima e tornata a casa feci le dovute verifiche: il Santo di
Montefiascone era pressoché identico alla Pulzella, fatta eccezione
per i capelli sciolti. Cominciai a pensare che si fosse trattato di
una coincidenza ma i tratti erano così simili che pensai di
approfondire ulteriormente. Per quale ragione un pittore di metà
del quattrocento purtroppo ignoto, doveva raffigurare il santo
martire come la Pulzella di Orleans eretica e poco conosciuta in
Italia? L'affresco infatti, sarebbe stato realizzato poco dopo il
rogo di Giovanna avvenuto a Rouen il 30 maggio 1431, come tradizione
ci racconta; la cosa avrebbe avuto un certo sentore di eresia,
soprattutto in luogo di Stato Pontificio. Eppure è innegabile la
somiglianza tra le due raffigurazioni dove quella di San Flaviano
risulterebbe più antica di cinquant'anni rispetto al dipinto
francese che ritrae Giovanna d'Arco.
Nel
1280 la storia ci informa che Carlo D'Angiò, fratello del Re di
Francia manovra il conclave di Viterbo facendo imprigionare due
cardinali avversi alla Francia. Sale così al soglio pontificio,
Simon de Brion che prenderà il nome di Martino IV. Dopo questo
fatto, complice la passione del Papa per Montefiascone e per le sue
prelibatezze culinarie, nonché la vicinanza della Francigena,
cominciarono ad aumentare le richieste di venerazioni “franzesi”.
Ecco spiegata la presenza di Martino di Tours ed altri santi venerati
oltralpe ma per Flaviano-Giovanna non possediamo altre indizi se non
sottolineare la probabile contaminazione artistica lungo la
francigena. Limitandomi ad osservare la strana analogia iconografica,
non posso esimermi dal fare un'ultima considerazione simbolica sul
cavaliere di San Flaviano e di gran parte delle raffigurazioni di
sante e santi a cavallo con attributi femminei. Come
se da parte degli artisti e committenti del passato vi fosse stata
l'intenzione di recuperare quella società arcaica, dominata ancora
dai culti rituali inneggianti alla Natura dal carattere matriarcale e
dalla presenza di personalità femminili guerriere permeate di magia
naturale e paganesimo.
Un
esempio sono le nove valchirie della mitologia norrena che inviate da
Odino, Re degli Dei, nei luoghi dove infuriava la battaglia ad
accendere i combattimenti, sceglievano i guerrieri destinati ad una
morte gloriosa: gli Einherii. Dai cambi di battaglia, le
Vergini-guerriere, guidavano gli spiriti dei valorosi caduti in
battaglia fino al Walhalla, la dimora di Odino, in Asgard. Il termine
Walkyrie trae la sua origine da wal, che significa battaglia e da
kryan, che vuol dire scegliere. Terminata la battaglia, le Valchirie
guidavano gli spiriti dei valorosi guerrieri attraverso la
Selva-d’Oro di Glasor e li conducevano fino al cospetto di Odino,
nel Walhalla. Qui, per fortificarsi e rendersi invincibili, i
Guerrieri si cibavano del verro Sadhrimmnir (maschio di maiale dalle
carni illimitate) e si dissetavano con idromele della capra Heidrun.
Ogni giorno, sotto la guida delle Valchirie, i Guerrieri si
esercitavano in diversi tornei per essere pronti alla grande
battaglia finale. Esse possedevano e trasmettevano i segreti celesti,
simbolo dell’epifania del divino; per questo eranp dette bianche e
luminose, fanciulle del Sud spesso con aspetto di cigno. La
valchiria è perciò dea del destino, tuttavia solo per il guerriero
e per l’eroe, per questo si manifesta come incarnazione della
battaglia. Ella tesse la trama della vita, d’una vita però sempre
messa a confronto con quella morte attraverso la quale è conquistata
l’immortalità della conoscenza. Questa immagine è resa
efficacemente nel Canto
di Dörruðr,
dove le valchirie sono figurate come tessitrici che tessono la grigia
tela della battaglia grondante di sangue.
In
Giovanna d'Arco sarebbe stato fornito un continuum ai culti arcaici
fortemente radicati nei luoghi dove si svolse la sua storia. In San
Flaviano tale intenzione pur velata dal culto maschile avrebbe
ricondotto al primitivo titolo mariano della chiesa e forse a
fondamenta di divinità arcaiche femminili delle quali è traccia
intorno a tutto il lago di Bolsena.
Raro
arazzo quattrocentesco raffigurante Giovanna d'Arco
Bibliografia
e sitografia
Cinquemani
Claudia-Tradizioni Magiche in Maremma-pellegrini dei simboli
storia-controstoria.org
storia-e-mito.webnode.it
thule-italia.com